La famiglia Rossato
Il nonno Rossato Fioravante, fin dagli anni 1930 riparava le ruote delle carrozze e dei carri. Il padre Rossato Nello, tornato incolume dalla II Guerra Mondiale nel 1945, cominciò unito al nonno l’attività di costruzioni di mobili d’arte con i suoi 3 fratelli Gino, Aldo e Francesco che continuò fino all’anno 1972.
Dopo tale data proseguì l’attività il figlio Rossato Nazareno, aggiungendo alla costruzione di mobili in stile l’antiquariato ed il restauro degli stessi. Utilizzando legni come noce, ciliegio, mogano, acero tutti masselli e legni di rosa (bois de rose), palissandro, ebano e altri legni pregiati per gli intarsi e per il restauro.
Dopo tale data proseguì l’attività il figlio Rossato Nazareno, aggiungendo alla costruzione di mobili in stile l’antiquariato ed il restauro degli stessi. Utilizzando legni come noce, ciliegio, mogano, acero tutti masselli e legni di rosa (bois de rose), palissandro, ebano e altri legni pregiati per gli intarsi e per il restauro.
Cerea: la culla del Mobile Classico e dell’Antiquariato
Nel 1920 avviene un incontro destinato ad essere ricordato a lungo. L'ingegner Bruno Bresciani, facoltoso signore di Cerea, commissiona a Giuseppe Merlin il restauro di un antico e prezioso mobile del '600. Giuseppe Merlin, classe 1881, uomo di grande temperamento, diventa un po' inconsciamente pioniere di un'attività che segnerà per buona parte del novecento, la storia del suo paese nativo, Asparetto, e dei dintorni. Le sue mani certosine, mani di un uomo "un po' carrettiere, agricoltore, meccanico, fabbro, falegname" gli consentono di realizzare la vocazione scritta sullo stemma di Cerea, un cerro, simbolo del lavoro manuale del legno. La figura dell'artigiano-artista inizia proprio dal Merlin: con lui però ci sono una trentina di apprendisti di buona volontà e dalle mani ruvide, capaci comunque di restaurare e portare a termine mobili d'eccezionale pregio. Si arrangiano con un soraman, una scaiarola, una sponzirola, un grafeto, gli oggetti pratici per lavorare il legno. Non sanno dai libri la differenza tra un Veneziano e un Impero, tra un Barocco e uno Spagnolo: l'esperienza compensa questa lacuna e li fa espertissimi del settore, maestri di future generazioni, nonché punti di riferimento per la consulenza da parte di acquirenti aristocratici dal palato fine.
Il fiuto delle cose preziose, il senso degli affari risolvono poi molti problemi.
In bottega si lavora parecchie ore al giorno e per pochi "franchi", mentre chi impara l'arte ne fa tesoro e, successivamente, arriva a trasmettere l'eredità ai figli e spesso ai nipoti fino ai giorni nostri. Il lavoro dei primi "marangoni" fa moltiplicare in breve la mole di legname necessario e i mobili in commercio. Negli anni '30 si assiste ad una progressiva irradiazione di piccole botteghe ad Asparetto e a Cerea. Negli anni '40 l'attività attende gli eventi bellici, ma non si spegne affatto, mentre i decenni immediati del dopoguerra cominciano a far parlare la gente locale di "boom" del mobile d'arte.
Dagli anni Cinquanta ai Settanta ci sono affari d'oro, coi mobili di Cerea che circolano per l'Italia e si aprono al mercato con la Germania, coi clienti che macinano chilometri pur di visitare una mostra locale ed assicurarsi un mobile in stile.
Ci sono altre situazioni in evoluzione: distretti del mobile in via di sviluppo a Cantù, nell'area del nord-est e del vicino padovano, dove sorge un'altra piccola capitale del legno a Casale di Scodosia. Nel basso veronese non c'è più solo Cerea ma Bovolone, Sanguinetto, Casaleone e tanti altri centri che creano un tessuto omogeneo.
Negli anni '80, convivono con le botteghe artigiane parecchi stabilimenti industriali, con macchinari sofisticati che sostituiscono l'arte con la serialità dei mobili.
Gli antiquari rimangono e realizzano un'ampia rete di relazioni con i privati.
Dal 1955 produttori e commercianti si ritrovano nella "Mostra del Mobile d'Arte" di Cerea, una vetrina importante per il richiamo di clienti anche lontani.
Bisogna salvaguardare anche l'immagine del comprensorio del mobile, così a fine secolo si parla sempre più insistentemente di "Marchio del mobile d'arte" ed è una realizzazione di forze sempre più coalizzate, e sempre più pronte ad esorcizzare la parola "crisi", nata dall'incremento di tasse e burocrazia. Cerea e Bovolone aprono "scuole del legno", specializzate a far crescere nell'intelligenza e nell'attività pratica ottimi giovani artigiani offrendo tutte le conoscenze possibili per avviarsi al lavoro.
Cos'è il mobile del 2000? Certo un po' il ricordo dei Merlin, dei Rossato, dei Signoretto, dei Bonfante e molti altri, vive nella memoria della gente, ma anche il ricordo del "cuore" dei lavoratori, tanto grande da sfidare politiche ed economie poco inclini ad aiutare il piccolo e medio artigianato, poco disposte a valorizzare la mano dell'artista.